La sonda della Nasa Phoenix, poggiatasi sulla superficie di Marte il 25 maggio scorso, non riesce ancora a completare l'analisi del suolo marziano. Il problema è ancora una volta legato alla granulosità del terriccio nei pressi del polo nord marziano, una sorta di permafrost molto compatto che si sta rivelando estremamente complesso da gestire. Phoenix ha scavato per giorni raccogliendo a 30 centimetri di profondità un campione di 3 centimetri cubi in uno strato del terreno duro e, si spera, ricco di ghiaccio. Quando poi il braccio si è sollevato sopra la base della navicella, per depositare il contenuto nel piccolo forno-laboratorio (Tega) che deve dare il responso sulla natura del suolo, sono iniziati i problemi. Il "cucchiaio" del braccio meccanico si è rovesciato ma gran parte del materiale è rimasto dov'era e non si è depositato nel forno. Il Tega - lo strumento principe della missione che scalda i campioni e ne analizza i gas che vengono liberati - si chiude automaticamente quanto registra al suo interno una quantità sufficiente di materiale. Ora, su Marte, il coperto di Tega appare spalancato verso la piccola benna carica di un campione che potrrebbe provare la presenza di forme di vita sul Pianeta Rosso.
Questione di equilibrio
Ora i tecnici sono nuovamkente al lavoro per ovviare all'inconveniente. Tre settimane fa il loro primo tentativo fallì perchè nel cucchiaio del braccio meccanico venne raccolto un campione molto più abbondante di materiale che, una volta rovesciato sullo strumento di analisi ( composto da 8 forni che diventano altrettanti tentativi ) si è accumulato sulla griglia protettiva intasando irrimediabilmente l'ingresso dello strumento. Nel frattempo, un altro degli 8 forni era stato messo fuori uso da un cortocircuito che aveva fatto gelare la sala controllo missione di Pasadanesa. Ora, dopo questo nuovo fallimento, si tratta di ritentare con una modalità diversa. "In questo tentativo abbiamo raccolto il materiale dopo aver passato 16 volte il cucchiaio del braccio robotico nel suolo ghiacciato - ha spiegato il capo missione di Phoenix Barry Goldstein. Ora cambieremo la procedura di raccolta e speriamo che il prossimo tentativo possa essere quello buono".
Lo spettro dell'autunno su Marte
Dopo un viaggio di 600milioni di km e 9 mesi di viaggio dalla Terra a Marte (la navicella non ha seguito la rotta più breve), Phoenix ha raggiunto l'artico marziano alla fine di maggio ed ha subito trasmesso immagini che mostrano chiaramente la presenza di un materiale bianco e compatto simile al ghiaccio terrestre. Ora si tratta di averne la prova scientifica e, soprattutto di analizzare il contenuto biologico di quei campioni. La scelta della zone di atterraggio si è dimostrata un successo: si trattava di andare abbastanza a nord da trovare il ghiaccio e disporre allo stesso tempo di una zona operativa con condizioni termiche adatte al lavoro. Nella zona in cui opera ora la sonda, la temperatura oscilla tra gli 85 e i 30 gradi centigradi sotto lo zero. Siamo in piena estate e al centro di controllo sanno che presto la loro missione potrebbe trasformarsi in una lotta contro il tempo. Nelle prossime settimane il sole che scivola basso all'orizzonte marziano assicurando a Phoenix l'energia per le sue operazioni inizierà a scendere sotto l'orizzonte. Il lander, allora, perderà progressivamente le forze fino a quando sarà imprigionato nel buoi della notte artica e, forse, raggiunto e avvolto dalla calotta polare che proprio come sul nostro pianeta si riduce d'estate per poi tornare ad espandersi nel lungo autunno di Marte.
